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LIBRO PRIMO 49

camminare a maraviglia, Belisario nondimeno, pensando che ove l’esercito irrompesse in Napoli avrebbevi e strage d’uomini e l’intiera somma de’ mali soliti incogliere una popolazione di forza caduta in poter del nemico, mandò chiamando a sè immediatamente Stefano e venuto dicevagli: «Fui le moltissime volte spettatore di conquistate città, e la sperienza m’ha apparato qual sia spessissimo in quel frangente la sorte loro. Il ferro con isfrenatezza orribile incrudelisce sino all’eccidio contro gli abitatori adulti; perdona alle femmine, sebbene avidissime di morte, per serbarle ad un vituperoso scherno, sorgente di atroci e miserandi patimenti: i fanciulli privati della libertà loro e d’ogni disciplina vengono costretti ad opere servili da odiatissimi padroni, le cui mani e’ videro tinte del paterno sangue. Vano è qui il rammentare, o amatissimo Stefano, gl’incendj, voragine delle ricchezze e del cittadinesco splendore. Or dunque mentre io mi fo a mirare come in uno specchio cotesta Napoli in preda alle medesime traversie cui soggiacquero in addietro le vinte città, sentomi tutto compassione e per lei e per voi; conciossiachè hommi già pronte macchine dalle cui rovine sperereste indarno salvarla. Increscerebbemi, vel giuro, che un’antica città popolata da seguaci di Cristo, ed anche in altri tempi da Romani, fosse avvolta in sì crudele scempio, trovandomi soprattutto io alla testa delle imperiali truppe, ed annoverando ne’ miei campi molti barbari, dei quali non varrò certamente a reprimere il furore se di forza entreranno in quelle mura, pur troppo ricordevoli

Procopio, tom. II. 4