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48 | GUERRE GOTTICHE |
enorme ivi giacente per opera non umana, ma della natura stessa, mentre i vecchi artefici dell’acquidotto sollecitati a proseguire il lavoro aveanlo forato quel tanto ch’era mestieri al corso dell’acqua, non già al valicare d’un uomo. Di guisa che mancava al canale una larghezza dappertutto uniforme, tale ristringendosi giunto al sasso da non accogliere uman corpo armato di lorica e scudo. Parve tuttavia all’Isauro, posta mente alla faccenda, che l’esercito intiero di leggieri penetrerebbe nella città ove si dilatasse, nè molto, quel foro. Il perchè essendo egli di umili natali ed affatto inesperto del parlare co’ duci, pensò manifestare la cosa al patriota Paucaride, inclito soldato tra’ pavesai del condottiero, il quale ne fece tosto avvertito Belisario. Questi provando immensa gioia della scoperta eccitò il rapportante con la promessa di molto danaro a metter mano all’opera in compagnia di altri Isauri per accelerare vie più il taglio del macigno; comandavagli poi di condurre l’impresa cautamente sì che uom non potesse averne sentore. Il pavesaio adunque scelti dalla sua gente quanti giudicò meglio idonei all’uopo calò di ascoso nell’acquidotto con essi; e pervenuti là dove era quell’impedimento, danno mano allo sgretolare e proseguono in esso, lasciando e scuri e scarpelli da banda per tema non il romore disvelasse l’insidia al nemico; ma pigliato a rastiarlo senza posa con acuti ferri, n’ebbero in brev’ora che un di loro vi potesse con lorica e scudo a bell’agio passar oltre.
III. Avvegnachè di questo modo le cose dovessero