a Scardone, ove poco stante giunse Valeriano con altre dodici navi.
II. Riunite quivi lor forze e conferito insieme statuirono ciocchè bisognava fare. Laonde spiegate le vele apportano ad una città sull’opposto lido chiamata dai Romani Senogallia, nè molto da Ancona distante. I duci de’ Gotti, uditone, di colta empiono anch’essi quarantasette lunghe navi, lì pronte, del fiore di lor militi, e commesso alle genti comandate da Scipuar il proseguimento dell’assedio, partonsi ad incontrare il nemico. Avvicinatesi le due armate di mare, fermato il corso e raccolti i vascelli si passò da ambe le parti ad arringare le truppe, Valeriano e Giovanni essendo i primi ad esortarle dicendo: «Nessuno di voi, o commilitoni, opini scopo della imminente pugna non più che la salvezza d’Ancona e de’ Romani là entro. Abbia per fermo in cambio, a dir tutto con brevità, dipendere con essa l’intero esito della presente guerra, poichè delle due fazioni a quella che ne uscirà vittoriosa non potrà fallire la più felice meta, e tale un pensiero forte imprimete negli animi vostri. Egli è pretta verità che la copia degli apprestamenti faccia preponderare nelle armi, e che per manco d’annona sia uopo cedere al nemico, non potendo strignere lega fame e guerresco valore; nè consente natura che uomo indebolito da inedia rendasi tra le armi glorioso. Ora così va la bisogna: noi da Idrunte a Ravenna difettiamo in oggi d’altri luoghi muniti ove mettere in serbo l’annona a sostentamento nostro e de’ cavalli, poichè il Gotto padroneggiane di maniera i lidi che indarno vi cer-