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LIBRO QUARTO 503

a distorre sue genti dal commerciare di seta colla Persia, avuta licenza di favellar seco dichiararonsi pronti eglino stessi a fornirle di cotal merce in tanta copia, quanta voleavene a divezzarle affatto dal ricorrere per essa alla nemica loro, o ad altro popolo qualunque; ed aggiungevano di avere lunga pezza dimorato nella così detta Seringa, popolatissima indica regione, ed apparatovi come produrne ben anche nel romano impero. Giustiniano iva tastandoli con frequenti interrogazioni per conoscere se fossero di fede degne le narrate cose, i monaci rispondeangli di tali vermi da natura ammaestrati essere gli artefici della seta, compiendone il lavoro senza interruzione; non avervi mezzo di trasportarli vivi in Bizanzio, ma prontamente ed assai di leggieri poterli vivificare, producendo ogni parto grande quantità di uova, che dopo assai tempo dalla deposizione loro vengono dai naturali coperte di letame per inalzarne la temperatura al grado voluto onde n’escano in luce i piccoli animali; così risposto, ed animati da generose promesse al compimento di sì bella impresa ricalcano il suolo indiano; da dove portate le uova in Bizanzio e sottopostele al necessario calore nacquero i vermi, che ebbero a nutrimento le foglie del moro; così principiò l’arte di produrre seta nel romano impero. La guerra nella regione de’ Lazj procedeva a que’ dì come abbiam detto, nè altrimenti avvenne la introduzione della seta presso de’ Romani.

II. Terminato il verno Isdeguna di ritorno al re presentògli l’oro ed i convenuti accordi; Cosroe rice-