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LIBRO QUARTO 489

più discoscesa parte della città inculcando loro di molestare incessantemente il nemico. Questi barbari quantunque abitatori della Persia non furonle mai ligj, riusciti essendo, mercè d’una continua dimora sopra monti precipitosi ed affatto impraticabili, a vivere ognora dalla più remota antichità sino a’ dì nostri colle proprie leggi, e stipendiati fannosi aiutatori in guerra delle reali truppe. Militano sempre pedestri con tre dardi in mano ed armati di scudo e spada. Corrono poi speditamente per le dirupate balze, come sulla più agiata pianura; eccoti perchè Mermeroe nella pugna diresseli colà, mentre egli col resto delle truppe, colle arieti e cogli elefanti movea contro le ime parti. Ma tutto che i Persiani ed i Sabiri nell’assalimento avventassero sì grande quantità di saettame da coprire a foggia di nube il cielo, non valsero nullamente a respignere la contraria fazione da que’ merli. I Dolomiti poi di su le rocce fuori dalle mura co’ dardi loro vie più malmenavano i Romani di fronte. Questi per verità erano già da ogni banda in pessima condizione, ridotti agli estremi, e prossimi ad un totale sterminio.

II. Odoaco e Babo intanto, vuoi ad ostentare il proprio coraggio, vuoi a far prova di quello de’ loro soldati, o sia pur indotti da tal quale divina ispirazione, dati in custodia a pochi difensori i merli col comando che animosamente vegliasserli, e ragunato il nerbo delle truppe arringaronle a riciso in questi termini: «Vedete, o commilitoni, il pericolo e gli estremi cui siamo ridotti. Unico scampo a chi dispera salvezza è il non desiderarne alcuna, spesso l’amor della vita tra-