Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/468

458 GUERRE GOTTICHE

pertanto ci debelleranno, oltre la schiavitù ed incompatibili gravezze ne avremo tutto il peggio solito da loro a praticarsi coi vinti, se pure non sienvi già uscite della memoria le sofferte sciagure, nè l’epoca è molto remota, per volere di Cosroe. Or dunque fate che io non abbia a vedere dileguata colle voci sì bella prontezza a cimentarvi, e non vogliate contaminare d’infingardaggine il nome de’ Lazj. Qual tema d’altra parte potrebbe distorci dal venire a giornata coi Medi più volte da noi costretti alla fuga? Ogni difficoltà renduta consueta svanisce, l’esercizio e l’uso togliendo la molestia della fatica. Egli è poi ben giusto che sprezziate un avversario, il quale spesso lasciandosi vincere in campo vi dichiarò superiori nelle armi, costretto dalla tema a precipitosa fuga. Pieni adunque la mente di questi pensieri e di ottime speranze fatevi ora ad incontrare la sorte cui veniamo superiormente destinati.»

II. Il re dopo la concione mise in battaglia i suoi disponendo l’ordinanza per modo che primi i cavalieri procedessero contro il nemico. Di dietro ed a grande intervallo venivano gl’imperiali in arcione aventi a duce il gepida Filegago, uom coraggioso, e l’armeno Giovanni di Tomaso valentissimo anch’egli, nomato altrimenti Guze e da me ricordato ne’ precedenti libri. Ultimi seguivano Dagisteo, duce de’ Romani, e Gubaze coi fanti loro, onde agevolmente soccorrere ai cavalieri, accogliendoli nelle pedestri file se per mala ventura s’arretrassero; tale da qui l’ordinanza. Coriane quindi inviò un corpo di mille, fior di soldatesca lori-