cepimento, dalla vicinanza di qua e di là dei due continenti, adducendo che il correre delle acque rinserrate in angusto spazio va soggetto ad anomalie fuori della generale credenza, ed incomprensibili dalle umane menti. Laonde quantunque ne sembri che l’acqua da Iero proceda alla volta di Bizanzio, pure guardiamoci dal qui porre il termine del mare e del Ponto Eussino, mancando valide pruove a cui appoggiare tale sentenza, sempre che non vogliasi anch’ora mettere in campo la ristrettezza del luogo. Nè va nullamente la bisogna come altri la pensano, testimoniando i pescatori di questo lido non tutta la massa delle acque tendere per diritto a Bizanzio, ma quante formano la superficie e rendonsi visibili a’ nostri sguardi seguire quella direzione; le altre invece al disotto, ove giace il così detto abisso, con moto evidentemente opposto correre ognora e traversare quelle della superficie antedetta; ed aggiungono che quando, occupati della pesca, gettano quivi gli ami, di continuo miranli procedere verso Iero sospintivi dall’impeto della corrente inferiore. Tutta la piaggia della Lazica infine è di ostacolo all’inoltrare del mare, frenandone il moto ed obbligandolo ad arrestarvisi, il che ad esso per la prima volta e qui solo accade, fissatogli tale confine dal supremo creatore dell’universo; cosicchè pervenuto a questa piaggia nè si diffonde, nè maggiormente inalzasi, quantunque accolga innumerevoli e grandissimi fiumi, che da ogni dove gli recano il tributo delle acque loro; ma osservando gli ordini avuti non si diparte da suoi limiti, e quasi penetrato da rispetto per l’inevitabile legge che lo infrena guardasi dal trasgredirla