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LIBRO TERZO 419


CAPO XXXVIII.

Gli Sclabeni valicano l’Istro e l’Ebro, battono le romane truppe, inveiscono contro Asbade ed espugnano la città di Topero. — Somma crudeltà loro.

I. Di que’ tempi l’esercito degli Sclabeni, pari a tremila individui, a tutto suo agio valicato il fiume Istro e quindi l’Ebro pigliò, dividendosi, due strade. L’una delle parti sommava di mille ottocento armati, e l’altra compivane l’intero numero. I romani duci nell’Illirico e nella Tracia sorpresi alla spicciolata da costoro toccarono fuor d’ogni aspettativa grave perdita, molti avendone morte, e campando il resto con precipitosa fuga la vita. I barbari, sebbene contassero assai minor gente degli imperiali, usciti vittoriosi mandarono truppe a combattere Asbade lancia di Giustiniano Augusto, ascritto ai così detti Candidati e prefetto de’ cavalieri, molti e coraggiosissimi, dimoranti ab antico in Tzuruli, castello de’ Traci; messi in rotta pur questi ne uccisero in buon dato e fecero prigione lo stesso duce sottrattosi vergognosamente dalla mischia, nè lo spensero in allora per gittarlo quindi nel fuoco, tagliatagli da prima a liste la pelle della schiena. Dopo sì orrenda strage impunemente guastarono tutta la Tracia e l’Illiria occupando coll’assedio molti castelli, avvegnachè per lo innanzi non avessero mai osato battere mura, nè venire a battaglia in campo; nè tampoco s’erano dati giammai a scorrazzare le terre im-