Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/419


LIBRO TERZO 409

fermentando il vino in parecchi dei vasi distacconne il soprappostovi loto, e ringorgando e in molta copia colando tale inondò l’adiacente suolo da formarvi gran lago. I donzelli sorpresi alla vista del fenomeno, raccolserne di molte anfore, e turati con nuovo intonico gli stessi barili non profferirono verbo in proposito; se non che al ripetersi più e più volte il caso medesimo ne diedero avviso al padrone, il quale ragunato colà non piccol numero de’ suoi più intimi amici loro mostrò il prodigio, e questi interpretandolo predissero alla casa di lui beni fuor misura.

II. Tali furono i presagi avuti da Belisario. Il romano pontefice Vigilio1 e gli Italiani, molti ed autorevolissimi quivi di stanza, incessantemente sollecitavano l’imperatore a ritentare con ogni suo mezzo la conquista della penisola; e più di tutti animavalo a tale impresa Gotigo, patrizio, già da pezza consolare, ed a bello studio capitato di fresco in Bizanzio; ma Giustiniano avvegnachè desse parola di provvedere alla italiana repubblica, iva tuttavia consumando assai tempo nelle discussioni dei cristiani dommi, intentissimo a troncarne le discrepanze. Non correvano altrimenti le faccende in Bizanzio, allorchè Ildisgo di longobardica schiatta si portò presso dei Gepidi, e cademi a taglio di qui esporne il motivo. Reggendo Vace i Longobardi un suo nipote di nome Risiulfo veniva dalla legge, al morire del zio, chiamato al trono. Il re per-

  1. Questo pontefice salì la cattedra di S. Pietro nell’anno 537, e morì nel 555.