tutto questo egli compierono dopo ottenuti dalla vostra liberalità frequenti stipendj, e per sì lungo tempo, che non c’è dato esporne il periodo, tanto danaro! Nulla più iniquamente adunque di tale ambasceria fo intrapreso da che il mondo è mondo. Imperocchè non appena conosciuti i nostri guerreschi apprestamenti contro di loro eccoli di furia venire a Bizanzio, e presentarsi ad un imperatore con tanta indegnità offeso. Nè forse andremmo errati profferendo che vi solleciteranno con una impudenza di cui null’altra maggiore a strignervi in lega seco per combattere noi sì affezionati alle cose vostre; ove poi qui fossero col proposito di restituire l’ingiustamente usurpato, i Romani dovranno attribuire in fe’ nostra il principale stimolo del pentimento loro e di questa più sana risoluzione ai Longobardi, dal cui timore costretti, avvegnachè a malincorpo e tardi, ravvedonsi tuttavia; nè v’ha a ridire che al beneficato corra obbligo di gratitudine verso chi al beneficio fu d’incitamento. Ma se rimangonsi ancora ostinati a non voler cedere il mal tolto, di qual più nefanda azione potrebbero cadere in colpa? Noi abbiamo detto quanto era uopo con barbarica semplicità, non facendo pompa di parole, di eloquenza, e di quel grave stile che sarebbe convenuto all’argomento; sovvieni tu adunque, o imperatore, col riandare attentamente l’udito, al difetto della nostra diceria più breve forse di quanto addimandano le circostanze, e provvedi agli interessi romani e longobardi, rammentandoti al postutto che i tuoi sudditi addiverranno a buon diritto nostri confederati, professando noi l’egual credenza in-