Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/366

356 GUERRE GOTTICHE

revole dagli uni agli altri, ogni nostro potere avendo a limite il guardarci dalle prave azioni, quando l’Ente supremo ha il tutto pienamente sommesso all’arbitrio suo. Ripeto adunque volersi da noi attendere all’osservanza del retto e tra’ connazionali e tra’ suggetti, se bramiamo menar di continuo giorni tranquilli.»

II. Totila aringati di questa conformità i Gotti pigliò a rampognare di molte cose il senato romano a bello studio ivi raccolto, cavillosamente rimprocciandogli che beneficato in mille guise da Teuderico ed Alarico, prescelto ognora a tutte le magistrature, diputato al reggimento della repubblica ed arricchito fuor misura, avea ribellato con animo ingratissimo dai Gotti sì tanto a lui benefici, per introdurre con somma ignominia e danno in patria i Greci, addivenuto sì operando traditore di sè stesso. Poscia lo richiedeva de’ mali che fossergli derivati da’ suoi, ed istigavalo a dire se pur vantar si potesse di qualche bene compartitogli da Augusto; e rimestando le mille cose rammentava essere eglino stati privi di quasi tutte le onoranze dai così detti logoteti, costretti a colpi di bastone al rendimento de’ conti delle cariche sostenute durante lor dominazione. Aggiugneva inoltre avere i Greci riscossi in tempo vuoi di pace, vuoi di guerra gli eguali pubblici tributi, intessendo nel suo discorso più e più altri argomenti dicevoli ad irato padrone verso de’ proprj schiavi. Al postutto loro mostrando Erodiano e gli Isauri, pel cui tradimento erasi impossessato della città: «Voi, in fe di Dio, aggiunse, cresciuti coi Gotti non ci voleste accordare sino a questo giorno neppure un