Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/365


LIBRO TERZO 355

Ricordivi adunque che i nostri ruoli già tempo tenean descritti dugento mila bellicosissimi guerrieri, che possedevano ricchezze immense, copia grandissima di cavalli e d’ogni guerresco apparato; soprattutto poi facevamo gloriosa mostra di molti e prudentissimi veterani; dalle quali cose di preferenza sembra trarre vantaggio chiunque accingesi ad una guerra; impertanto noi fummo vinti da sette mila Greci, e turpissimamente spogli del regno e di quanto eravamo a dovizia forniti. Ora in vece ridotti a pochi, nudi, miseri, del tutto inesperti abbiamo trionfato di venti e più mila nemici: tali, per dirla breve, furon nostre bisogne. Ma qui esporrò le cagioni, sebbene a voi notissime, di cotanto straordinarie vicende. Nei tempi andati i Gotti, quasi che niente coltivatori del giusto bruttavano di scelleraggine ogni loro azione, maleficiosi a sè stessi ed a’ sudditi romani; di questi il Nume, com’era di sua bontà, fattosi pietoso difensore guerreggiò in un colle truppe loro gli oppressori. Il perchè noi, quantunque in molti doppj e di numero, e di valore, e d’ogni militare apparecchio vie meglio forniti, dovemmo tuttavia cedere fiaccati da occulta ed affatto inopinata forza. È quindi in poter vostro il conservare di presente gli ottenuti vantaggi se vi darete a seguire giustizia; ma da lei traviando avrete a nemico Iddio. Il quale ne’ marziali cimenti non suol già dichiararsi favoreggiatore d’un cotal genere di uomini, o d’una particolare nazione, sibbene di quanti operano assidui il giusto e l’onesto; nè gli è malagevol cosa il volgersi favo-