Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
352 | GUERRE GOTTICHE |
riuscita di quell’imprendimento induconne l’animo a mandarlo ad effetto.
III. Or dunque Totila comandato che tutte le truppe chetamente si armassero, e condottele contro alla porta Asinaria ingiugne a quattro de’ suoi, chiari per coraggio e forza di ascendere su per le funi ai merli in compagnia degli Isauri, ed eran le ore notturne in cui, dormendo gli altri tutti, affidavasi la salvezza del luogo alla vigilanza di questi felloni. I barbari addivenuti così possessori del muro discendono alla porta ed a colpi di scure fattane a pezzi la spranga di legno murata da ambe le estremità entro gli stipiti per tenere commesse le imposte, e strappate le toppe in cui ravvolgendo le chiavi soleano i custodi aprire o chiudere a norma delle circostanze, apprestano libero e pronto ingresso a Totila con tutto il gottico esercito; ma il re paventando nemiche insidie tenne le schiere ivi raccolte acciocchè non isbandassero. Suscitatosi di repente, com’è il costume, tumulto nella città i romani soldati, ad eccezione di ben pochi, si danno co’ duci a precipitosa fuga per le varie uscite, ed i rimasi corrono co’ cittadini a riparare ne’ sacri templi. De’ patrizj, Basilio, Demetrio e chi di essi avea tuttavia destrieri seguirono il fuggente Bessa; Olibrio, Massimo, Oreste ed altri entrarono in franchigia nella basilica dell’apostolo Pietro. Nell’intera città non contàvi del volgo più di cinquecento individui, i quali ebbero appena il tempo di aggiugnere ai templi, essendo il resto della popolazione o passato da prima sotto nuovo cielo, o addivenuto, come esponea, vittima della fame. Totila in