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LIBRO TERZO 341

colpa la fame, il vigor del corpo, nella stessa navigazione o nel viaggio terrestre furon colti da morte; gran numero altresì di essi tra via caduti nelle mani de’ nemici ebbero l’egual fine. A così tremendi estremi volle il fato ridotti e senato e popolo romano.


CAPO XVIII.

Deliberazione sulla partenza da Epidanno. — Belisario venuto da Idrunte fuga i Gotti. Totila fortifica il Tevere. Giovanni padrone della Calabria. — Tulliano si amica i Bruzj ed i Lucani; atteso nel porto romano dal condottiero vince in campo Recimundo.

I. Giunte in Epidanno le truppe di Giovanni e d’Isacco ed unitesi a Belisario, opinava il primo che tutti di compagnia, valicato il seno, movendo pedestri partecipassero a quanto fosse loro per arrivare. Belisario all’opposto non la intendeva così, avendo per lo migliore il navigar egli co’ suoi alla vicina piaggia romana, conciossiachè il viaggio terrestre sarebbe riuscito più lungo e forse non senza impacci; Giovanni intanto discaccerebbe, marciando per la Campania e pe’ luoghi dintorno, i pochi barbari ivi raccolti e, fatto il paese di qua dal seno Ionico ligio dell’imperatore, lo arriverebbe colla soldatesca presso del lido vicino a Roma, dov’egli con tutto il rimanente esercito avea in animo di approdare. Essendo che, cinti i Romani da strettissimo assedio, estimava dannosissima fuor d’ogni dubbio alle cose loro la più breve tardanza; e per mare di fermo, avendo propizio il cielo, poteano dopo il