dole nel pubblico foro, all’uopo di procacciarsi le giornaliere bisogne. Da sezzo ridotte anch’elleno le imperiali truppe a tale da non poter più dividere coi cittadini il frumento, rimasone ben poco al solo Bessa, e divenute con ciò prive d’ogni vittuaglia, ebbero anch’esse ricorso alle ortiche. Da poi mancato pur questo cibo nè avendovi più mezzo di attutare il ventre, molti estenuati di forze, al tutto scarni le membra, e per cumulo spogliati a poco a poco del naturale colore, per vestirne quello del piombo, ti si appresentavano simigliantissimi a fantasmi. Altri nel camminare e nel frangere co’ denti le crude erbe cadevano d’improvviso spenti. Alcuni di già a vicenda nutrivavansi collo sterco, nè pochi, furenti per la diffalta di cibo, si mordeano le membra, scomparsi affatto essendo e cani e topi ed altri animali comunque da sbramare la fame. In tanta calamità un Romano, padre di cinque fanciulli, sentendosi da costoro scuotere la veste chiedendogli pane, senza dar lagrima, od esprimere altro segno di perturbamento, soffocando tutta l’ambascia nel fondo del suo cuore, invitolli a seguirlo come che volesse compierne i desiderj; fattosi in cambio ad un ponte del Tevere, e portata la veste al capo per velarsi con essa gli occhi, si precipitò giù nelle acque in presenza di quegli infelici e di parecchi cittadini quivi raccolti. I cesariani duci allora accordarono, strappando empiamente denaro, di abbandonare quelle mura a chiunque ne richiedeva, e ad eccezione di ben pochi tutto il resto degli abitatori campò ov’ebbe agio migliore, se non che moltissimi de’ fuggenti, perduto,