nito mezzo di acquistare grandi ricchezze se pur non trovasse in lui opposizione alle vantaggiosissime proposte che sarebbe per suggerirgli: e qui narravagli come il comandante della imperiale truppa Chilbudio giacesse prigioniero in mano degli Sclabeni, uom di questi non sapevole del conto sommo in cui dovea tenersi: s’egli per tanto, riscattatolo, ne facesse restituzione ai Romani avrebbene a non dubitarne dall’imperatore lode e ricchezze immense; e con tali ed altrettali parole possedutone l’animo lo guida seco in mezzo degli Sclabeni, essendosi già questi confederati cogli Ante, e fuor d’ogni timore conversandovi insieme. Quivi sborsati molti denari al possessore ottengono il servo, e con lui di subito fannosi indietro. Tornati a casa il compratore lo interroga se in effetto egli sia il vero Chilbudio comandante della romana truppa? e questi pronto a confessare la verità espone ordinatamente e di buona fede ogni cosa: originare, diceva, e’ pure dalla nazione degli Ante, ed in un certame tra le due genti allora in discordia essere caduto in poter de’ nemici, tuttavia ripatriato una volta, com’era il suo caso, teneasi da quell’epoca in poi compiutamente libero giusta le patrie sue leggi. Udito ch’ebbe siffatto racconto il pagatore dell’oro cominciò forte a maravigliare ed a lamentarsi vedendosi fallita la bella speranza. Il Romano pertanto volendolo consolare e indurre alla credenza di cose ben lontane dal vero, colla mira di togliere ogni ostacolo al suo ripatriare, vie meglio affermava costui essere Chilbudio, e la sola dotta dei barbari all’intorno rattenerlo dall’esporre candidamente il giusto; che se