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LIBRO TERZO 319

fettino truppe da farne i comandamenti; è quindi mestieri innanzi tutto che mi raggiungano le mie lance, le mie guardie ed i miei armati di brocchiero, e tengan loro dietro immediatamente numerosissime turbe di Unni e di altri barbari, ai quali senza indugio voglionsi sborsare le paghe a denari contanti.»

II. Tale scrisse Belisario; ma Giovanni logorato gran tempo in Bizanzio senza far nulla di quanto portava la sua mandata, passò invece a nozze colla figlia di Germano fratello dell’imperatore. Tra questo mezzo Totila pigliato a composizione Fermo ed Ascoli e messo piede nella Tuscia cigne di steccati Spoleto ed Assisi. Erodiano capitanava lo spoletano presidio, e Sisifrido, uomo di schiatta gottica, ma zelantissimo favoreggiatore delle parti romane ed imperiali, quello di Assisi. Il primo convenuta una tregua di giorni trenta col nemico, promisegli che ove nel mentovato periodo non ricevesse aiuti, cederebbe la città, gli abitatori di lei, il presidio e sè stesso a’ Gotti; ed a guarentigia degli accordi consentì dare in istatico il proprio figlio; spirata pertanto la tregua, nè comparso il romano esercito a soccorrerlo, sì egli che i suoi militi abbandonano giusta la convenzione sè stessi, quelle mura ed il popolo in mano degli assediatori. Narrasi poi che il secondo tradisse la città e la propria persona ai barbari per odio in lui destatosi contro Belisario da quando ebbelo questi minacciato di fargli pagare il fio delle passate cose; non altrimenti fu la sorte di Spoleto. Sisifrido giuntati nello scorrazzare molti de’ suoi al postutto incontrovvi egli stesso morte; per la quale sciagura gli abitatori d’Assisi più non sapendo