appena supplicata dinanzi all’imperatore la spedizione in Italia d’un poderoso esercito con denaro in gran copia, armi e cavalli. Imperciocchè i soldati non voleano saper di combattere adducendo il poco lor numero, i molti stipendj non ricevuti dall’erario, e l’andar brulli e bisognosi di tutto, nè mentivano sul conto di queste lamentele. Il duce pertanto scrissene pressochè in questi termini ad Augusto: «Giungemmo in Italia, o ottimo degli imperatori, sguerniti di gente, di cavalli, di armi e denaro, delle quali cose ove siane diffalta nessuno, a parer mio, potrà imprendere di combattere. Aggirata la Tracia e l’Illirico raccogliemmo ben poche cerne e queste sono mancanti di tutto, inermi ed inespertissime della guerra. I militi poi qui rimasi mostransi nulla contenti di lor sorte: paurosi de’ nemici, ed atterriti dalle frequenti stragi evitano a bella posta ogni cimento, abbandonando i cavalli e gittando a terra le armi: di più indarno pretenderemmo di cavare un che di denaro dall’Italia, ligia tuttavia de’ nemici. Laonde impotenti di pagare negli stabiliti giorni gli stipendj alle truppe, non possiamo tampoco loro comandare, togliendocene il contratto debito la libertà. Ritieni eziandio per fermo, o sire, che di quanti militavano teco la massima parte disertò ai Gotti. Or dunque se non si fosse trattato che di spedire Belisario in Italia le faccende guerresche non potrebbero al certo essere in miglior condizione, trovandomi già nel cuor di essa; ma se vuoi vincere gli avversarj colla guerra è uopo apprestare ben altre cose; non avendovi a mio avviso condottiero ove di-