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LIBRO TERZO 307

forse a vostra giustificazione di conoscere ben poco i benefizj di Teuderico e di Amalasanta? o per dinturnità di tempo e dimenticanza esservene rimasa negli animi cancellata la memoria? Ah domin che nulla di tanto può essere! Imperciocchè le costoro liberalità nè si appalesarono in cose al tutto lievi o mediocri, nè contano de’ secoli, ma in epoca ben poco lontana, e noi stessi le ricordiamo, risplendevano sopra voi, Romani carissimi, in argomenti di somma importanza. Conoscete a simile di fama o di prova l’ottimo volere de’ Greci verso i popoli soggetti; vi sapete di già come in cambio siensi comportati i Gotti cogli Italiani. Foste a mio credere tra buoni ospitali de’ Greci, nè v’è uopo ignorare quali ospiti ed amici abbiate in essi trovati, se vive tuttavia presso voi rimembranza delle gravezze imposte da Alessandro. Passo con silenzio la truppa e i condottieri di lei, la bontà e magnanimità de’ quali certamente contribuirono moltissimo a ridurre e voi e loro stessi alla presente condizione. Ma nessuno degli Italiani pensi venirgli da me rimprocciate di tali cose per effetto di giovanile ambizione, o per volermi qui, siccome re de’ barbari, millantare. Non ascrivo in vero a prodezza nostra l’avere sconfitto questa razza di gente, ma al dover eglino così pagare il fio delle ingiurie a voi recate. Per la qual cosa non vi sembrerà stranissimo il sofferirne a queto i mali diportamenti, mentrechè Dio vendicatore delle ingiustizie fattevi li punisce, e il rimanere volonterosi nelle molestie, che ne sono la conseguenza. Procacciate adunque di giustificare coi