Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/310

300 GUERRE GOTTICHE

messe, fabbricare di per sè la propria rovina, ma spalancassero tosto le porte ai Gotti onde liberarsi da tristissime sciagure, più non dovendo porre speranza in nuovi soccorsi dell’imperatore, colla perdita di quell’armata di mare essendo loro venuti meno tutti gli aiuti e tutta la fiducia in lui riposta; così parlò Demetrio per comandamento del re. Gli assediati oppressi dalla fame e da ogni altro bisogno della vita allorchè e di vista e di udita ebbero certezza dell’infelice sorte di Demetrio, perduti affatto d’animo, abbandonaronsi al pianto, e si rimasero privi di consiglio. La città era tutta in cordoglio ed in grave trambusto.

II. Lo stesso Totila di poi chiamatili ai merli tenne loro questo discorso: «Non abbiamo pigliato ad assediarvi, o Napolitani, in risarcimento di qualche vostra offesa, ma piuttosto perchè toltovi il giogo d’infestissima dominazione potessimo liberamente e compiutamente rendere grazie ad ognuno di voi per l’affetto mostratoci sofferendo a cagion nostra in cotal guerra i durissimi trattamenti dei comuni avversarj, essendo voi stati di tutti gl’Italiani i soli a darci pruova di singolar benevolenza, e col massimo rincrescimento vostro doveste sommettervi alla autorità e forza de’ Romani. Ora dunque noi costretti ad assediarvi seco loro abbiamo rispettato, com’è uopo, la vostra fedeltà, adoperando accuratamente che i rigori dell’assedio per nulla ricadessero a danno dei cittadini; laonde se v’è forza patirne disagi guardatevi dal corrucciarvi coi Gotti, non essendo meritevoli di riprensione coloro, i quali studiandosi di gradire agli