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LIBRO TERZO 299

preda ai timori della guerra si tenne. I romani duci, informatine, per via di messi preganlo instantemente che di fretta muova a soccorrerli, e più d’ogni altro lo eccita dalla città di Napoli Conone cinto da strettissimo assedio, e già in diffalta somma d’annona. Ma egli fermo ne’ suoi timori lascia sfuggire ogni opportunità di tempo, e solo da ultimo paventando gl’imperiali rimproveri, e mal comportando le altrui rampogne, standosi immobile tuttavia nella sua dimora, ed essendo ben inoltrato il verno, fa partire alla volta di Napoli Erodiano, Demetrio e Faza con tutte le truppe. Il costoro navilio era per giugnere a Napoli quando al sorgere di forte vento levossi una tempestosissima fortuna; e per verità Faza era onninamente sul disperare, non reggendo più i nocchieri, sopraffatti dalla burrasca, al governo dei remi, o ad eseguire altr’opera, nè tampoco pel terribile fragore de’ flutti intendendosi a vicenda; ogni cosa avvolgevasi in aperta confusione, di modo che la foga del vento, addivenuta sola nel comando, spinseli contro lidi occupati da nemici. Laonde costoro balzati nelle navi eran tutti sull’ucciderli e gittarne a talento i cadaveri ne’ flutti non incontrandovi fior d’opposizione. Molti eziandio ne ritrassero vivi, e di questi fu Demetrio maestro della milizia. Ad Erodiano e Faza riusci di fuggire con altri pochi, non essendo colle navi molto da presso alle nemiche stanze: tali furono i destini di quell’armata romana. Totila avvolta una fune al collo di Demetrio il trascinò sotto le mura di Napoli, ed obbligollo di esortare gli assediati a non volere, sedotti da vane pro-