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294 | GUERRE GOTTICHE |
guisa venuto affatto meno lo schieramento ognuno da solo, anzi che a turme, pigliò a trovar modo al suo scampo, molti nel trambusto giuntandovi la vita, e molti ancora, sebbene da nessuno perseguitati, più e più giorni continuarono a dilungarsi; alla per fine chi qua chi là ne’ luoghi forti, giusta la ventura di ciascheduno, si ritrassero, annunziando a quanti s’avvenivano l’uccisione di Giovanni, abbandonato al tutto il pensiero di raccozzarsi movere insieme contro il nemico. Stavansene per lo contrario tutti entro le mura apparecchiandosi ad un assedio e paventando un prossimo assalimento. Totila poi mercè la molta liberalità cattivossi per modo gli animi de’ prigionieri che molti di essi col tratto successivo passarono spontaneamente nelle sue file a guerreggiare i Romani. Terminato il verno ebbe fine l’anno settimo di questa guerra tramandata alla posterità da Procopio.
CAPO VI.
Totila prende molte castella, città e provincie. Assedia Napoli. — Giustiniano manda in Italia Massimino prefetto del pretorio con armata di mare e Demetrio, il quale prepara aiuti pe’ Napolitani. Un altro Demetrio nel tornare a Napoli cogli apprestamenti fatti, caduto il navilio in potere dei Gotti, paga il fio della imprudente sua lingua.
I. Totila di poi ebbe le castella Cesena e Pietra, trascorso quindi breve tempo andò nella Tuscia, ma indarno tentatine i luoghi forti nella speranza che si arrendessero, valicato il fiume Tevere, senza metter piede