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LIBRO TERZO 289

stanza meritevole anch’essa, a mio avviso, d’essere qui rammentata. Quando risolveste di armarvi con Ildibado per guerreggiare l’imperatore non sommavate più di mille conviventi insieme; e tutto il vostro dominio non oltrepassava la circonferenza di una città, Ticino. Ma e l’esercito e il dominio vi crebbero colla vittoria da voi riportata in campo; se dunque pur ora vi sentite disposti ad operare valorosamente, io spero, nè fuor di proposito, che andando come io si vorrebbe la guerra giugneremo a sconfiggere affatto i Romani, aumentandosi di continuo il numero ed il coraggio ne’ vincitori. Ognuno adunque con tutta la vigoria dell’animo suo muova a combattere chi ne fa contro, non obliando opportunamente che indarno spereremmo di renderci idonei a nuove fazioni ove la riuscita di questa fallisca i nostri desiderj. Orsù pertanto entrate nel presente aringo confidati in un’ottima speranza offertavi dalla stessa malvagità de’ vostri nemici, i quali per modo comportaronsi coi proprii sudditi che noi potremmo usar clemenza cogli Italiani nel punire l’ingiusta e malaccorta lor tradigione a danno del nostro sangue, talmente ei furono, per dir corto, nabissati in ogni maniera di calamità da coloro stessi ch’ebbero amichevolmente accolti. E chi debellerassi mai così agevolmente come un nemico non protetto, per le offese fattegli, dal Nume? Ci fornisce eziandio lusinga d’incontrare propizia sorte nella battaglia lo spavento da noi apportato agli avversarj, essendo che imprendiamo ad as-

Procopio, tom. II. 19