dere i duci dell’esercito a dimora in quelle parti. Il perchè Giovanni figlio di una sorella di Vitaliano, e Bessa, e Vitalio e gli altri tutti, abbandonati i presidj delle città commesse alla loro custodia, ragunaronsi in Ravenna, dove Constanziano ed Alessandro, come ho già detto, erano di stanza. Venuti quivi a parlamento sembrò miglior consiglio quello di marciare da principio con ostile esercito a Verona città dell’agro Veneto, ed occupatala procedere unitamente al gottico presidio di lei ad assalire Totila ed i Ticinesi. Questo esercito componevasi di dodici mila combattenti sotto undici duci, tra cui tenevano il primato Constanziano ed Alessandro, tutti in effetto mossero a diritto contro quelle mura. Accostativisi piantarono gli steccati nel piano ed a stadj sessanta dalle porte; imperciocchè quivi intorno hannovi campi vastissimi, che estendonsi fino alla città di Mantova, lontana il viaggio d’un giorno. Era tra’ Veneti certo Marciano illustre personaggio, abitatore di un castello in vicinanza di Verona, il quale essendo affezionatissimo all’imperatore si studiava con ogni diligenza di tradirgli la città, e siccome insin da’ più verdi anni conosciuto avea tal de’ custodi, gli mandò parecchi de’ suoi fidissimi per indurlo con promessa di molto danaro ad aprire le porte alle truppe imperiali. Avutane la parola inviò gli stessi cooperatori del tradimento ai duci del romano esercito per avvisarli degli accordi fatti, mercè de’ quali durante la notte eglino co’ messi entrerebbero nella città. I duci, uditone, estimarono opportuno di far procedere altro