famento e’ seppelliranno tutto il romano esercito sotto le possenti azze loro. A voi pertanto si conviene tener le parti non di chi vuol imporvi giogo di schiavitù, ma di chi per benivolenza somma ai Gotti non isdegna incontrare i perigli della guerra; che se vi batterete unitamente a noi o gl’imperiali usciranno affatto d’ogni speranza di poterla con entrambi competere, o ben di leggieri verranno dalle armi nostre sconfitti. Se poi vi legherete co’ Romani neppur così reggerete alle genti de’ Franchi (non avendovi equilibrio di forze nel cimento), ed affè nostra dovrete cedere ad uomini rendutisi vostri nemicissimi sopra tutti gli altri; ed è la massima delle follie il voler pericolare ad occhi veggenti, quando lunge da ogni guerresca impresa n’è dato avere salvezza. I Romani di più sono mai sempre disleali co’ barbari, loro portando implacabile odio per natura. Del resto se vi garbeggia la proposta comanderemo concordemente a tutta l’Italia, e seguiremo quella forma di reggimento che ci parrà migliore. A te adunque, o re, ed a’ tuoi Gotti si spetta prendere il partilo più idoneo alle bisogne vostre.» Inoltratisi quindi gli ambasciatori di Belisario dicevano: «Non abbiam mestieri di molte parole a dimostrarvi essere per nuocere un vero niente alle imperiali truppe la moltitudine de’ Germani sì da costoro millantata per isbigottirvi. Da lunga esperienza voi già bene apparaste non cedere mai il valore al numero, comunque grande si voglia, de’ combattenti. Passiamo eziandio con silenzio che nessuno de’ regi al paro del nostro imperatore