ciò teneansi ai merli per imprenderne la difesa. Belisario in questa fa comando a cinque Isauri, valentissimi nell’arte fabbrile, di penetrare con iscuri ed altri stromenti acconcj al taglio delle pietre e protetti da molti scudi nella grotta per romperne prontamente e rovesciarne come sapessero il meglio le pareti; i barbari mirando costoro inoltrarsi sotto del muro stettersi cheti all’uopo di saettarli vie meglio non appena e’ si fossero di più avvicinati; nè sospettavano fin qui d’inganno. Ma non sì tosto ebbero veduto gli Isauri padroni della caverna che assalgon il resto con sassi e proietti d’ogni maniera, ed i Romani allora a corsa retrocedettero, ivi lasciando que’ soli cinque militi a dar mano all’opera, i quali trovandosi là entro fuor di pericolo, imperciocchè in lontani tempi a fine di aombrare il luogo eravi stata costrutta una volta sopra l’acqua, faceansi giuoco del folto saettamento nemico. Ora i Gotti intolleranti di rimanere nel circuito delle mura, aperta la porta ivi da presso, piombarono alla rinfusa e tutti ribollenti di sdegno sopra i guastatori, e gl’imperiali anch’essi ad instigazione di Belisario accorsero pieni di coraggio alla difesa de’ suoi; qui si combattè ostinatamente e gran pezza discacciandosi a muta a muta gli uni e gli altri con grave reciproca strage, e maggiore di Romani che non di Gotti, i quali da più elevato suolo pugnando recavano eccidio tale da non reggere al paragone di quanto ne provavano eglino stessi; nè con tutto ciò i primi volean darsi per vinti rispettando Belisario ivi accorso, e mai sazio di animarli colla sua voce. In questa una