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LIBRO SECONDO 241

essere custodj fedeli del tuo regno combattendo colla fame e con Belisario, ma sino ad ora ci troviamo delusi nell’aspettativa d’un qualche soccorso. Guarda per tanto che i Romani pigliato Aussimo, ove tu quanto v’ha di rinchiuso in queste mura trascuri, non abbiano spalancato l’adito, impossessatisi delle chiavi, alla conquista de’ tuoi possedimenti.» Così la scritta, e Vitige appena lettala fa retrocedere gli inviati colla promessa di condurvi in persona tutto l’esercito; se non che poscia, lungamente pensatovi sopra, nulla imprende per tema non venissegli serrata la via e da Giovanni postoglisi dalle spalle e da grandi schiere di bellicosissimi guerrieri, che opinava attorniare il condottier romano. Ma innanzi tutto davagli forte pensiero la fame non sapendo come fornire l’esercito di annona, nel mentre che i Romani, padroni del mare e del castello di Ancona e riusciti a depositare in questo tutte le bisogne loro, avutele dalla Sicilia e dalla Calabria, di leggieri ed a tempo e luogo faceanle tradurre nel campo; nè paventava meno che i Gotti guerreggianti nell’agro Piceno stessersi molto alle strette in proposito di vittuaglia. I messi adunque inviatigli restituitisi liberi da ogni molestia in Aussimo, vi riferiscono le promesse di Vitige, destando con ciò vane speranze negli animi di quella guernigione. Belisario intanto all’udire dai fuggitivi l’occorso inculcò più rigorosa vigilanza per togliere ogni mezzo a simiglianti frodi. Così quelle faccende.

II. Cipriano e Giustino assedianti Fiesole non pote-

Procopio, tom. II. 16