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236 GUERRE GOTTICHE

duti all’impensata i fuochi romani ebberne grandissimo stupore e spavento. Con tutto ciò molti di essi bravando coraggiosamente ogni pericolo ed ingannando gli assediatori in occulto ripararono entro le mura; que’ compagni invece che per loro pusillanimità s’eran rifiutati di seguirli rintanaronsi nelle foreste sperando penetrare con miglior agio in Ravenna; ma presto caduti nelle mani de’ nemici vi giuntaron la vita. Belisario considerando Aussimo inespugnabile cogli assalti in causa delle validissime fortificazioni, e che gitterebbesi in vano il tempo tentando superarne le mura, estimava impresa maggiore de’ suoi mezzi l’assoggettarla colle armi, nutriva in cambio speranza di entrarvi riducendone il presidio con uno stretto e rigoroso assedio a patire grandemente di vittuaglia. Non lunge dalla città un suolo molto erboso forniva giornaliere occasioni di avvisaglie tra’ Romani e Gotti; imperciocchè i primi osservata la nemica giornaliera costumanza di recarvisi a pascolare, ascendevano di carriera il colle, e venuti seco loro colle mani davan pruove di grand’animo non permettendo ch’e’ si valessero per punto di quella pastura; nè passava giorno senza ucciderne di molti. I barbari adunque vinti da tanto coraggio ebbersi ricorso ad uno stratagemma. Apprestarono, vo’ dire, alcune ruote tolte dalle carra e sorrette dai soli assi. Cimentatisi quindi a segar l’erba allorchè videro i Romani ascesi alla metà dell’erta ve le spinsero dall’alto contro; ma non so per qual fato elleno arrivarono al piano senza toccar persona. Delusi pertanto dallo stratagemma ripararono di fuga nella