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LIBRO SECONDO | 233 |
ma romani, i quali lavorassero di straforo per allontanarlo da Giustiniano. Tirarono adunque dalla loro a forza di danaro due liguri sacerdoti; l’uno di essi, il più valente per ingegno, sotto mentito abito e nome di vescovo assunse le parti di ambasciadore e l’altro quelle di segretario: così ambedue si partirono con lettera scritta da Vitige al Medo dalla quale persuaso costui arrecò ai Romani, fedeli osservatori dei trattati di pace, tutte quelle sciagure che vennero da me esposte nei precedenti libri1.
III. Giustiniano Augusto allora conosciute le risoluzioni del re stabilì di troncare senza indugio la guerra intrapresa nell’Occidente, e di chiamare Belisario a Bizanzio per dargli la capitananza dell’esercito destinato contro la Persia. Accommiatò eziandio subito gli ambasciadori di Vitige, dimoranti ancora nella capitale, promettendo mandare personaggi in Ravenna per conchiudere seco una pace molto vantaggiosa ad ambe la parti; ma questi ambasciadori non vennero da Belisario spediti a’ Gotti che quando furono da essi licenziati Atanasio e Pietro, i quali restituitisi in Bizanzio ebbero grandissimi premj dall’imperatore, Atanasio riportandone la Prefettura del Pretorio d’Italia, e Pietro la onoranza, come dicono i Romani, di Maestro. Ora la fine del verno diede compimento all’anno quarto di questa guerra, la cui storia ci fu da Procopio tramandata per iscritto.
- ↑ Guerre Persiane.