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190 | GUERRE GOTTICHE |
tanta perdita di ben prodi guerrieri quanta voleavene a persuaderli di non più tentare l’espugnazione delle mura e di rimanersene pel timore inoperosi, restando loro unicamente la viva fiducia che la fame avrebbe costretto il nemico ad arrendersi, consapevoli ch’esso già difettava moltissimo di vittuaglia.
III. Non altrimenti procedevano quelle bisogne quando Belisario spedì mille armati, parte Isauri e parte della Tracia, cogli ambasciatori venuti da Milano; duce dei primi era Enne, degli altri Paolo. Mundila poi scortato da pochi pavesai di Belisario comandava a tutti, ed avea seco Fidelio prefetto del Pretorio, imperocchè questi, originario di Milano ed autorevolissimo presso i Liguri, sembrava poter molto giovare accompagnando l’esercito. Partitisi colle navi dal porto romano afferrarono a Genova, ultima città della Tuscia ed acconcissima stazione pe’ naviganti alla volta de’ Galli e degli Ispani. Lasciate qui le navi proseguono pedestri il cammino, conducendo sopra carra i loro palischelmi per togliere ogni indugio al valicamento del fiume Po, e così ne toccano le opposte sponde. Passato il fiume e giunti a brevissimo intervallo da Ticino1 città furono sfidati a battaglia dai Gotti venuti pieni di coraggio ed in molto numero ad incontrarli. Conciossiachè tutti i barbari abitatori di quella regione aveano quivi trasportato, come luogo munitissimo, tragrandi ricchezze e messovi forte presidio. Fatta giornata, i Romani vincitori cagionarono molta strage al nemico fuggente, e per poco non
- ↑ Pavia.