la quale strage nessuno ebbe più ardimento di provocarlo a battaglia. Giunto ad Aussimo1 città vennegli avviso che le mura di lei racchiudevano ben debole presidio, ma vedutala fortificatissima ed inespugnabile, posto in non cale ogni pensiero d’assedio, proseguì oltre, né diversamente comportossi colla città di Urbino. Quindi calcò la via di Arimino2, lontana da Ravenna il viaggio d’un giorno, ed al suo avvicinare i Gotti quivi di guernigione, mal sicuri dei Romani che aveanvi fermata dimora, migrarono velocissimamente in Ravenna. Così Giovanni occupò Arimino lasciatisi da tergo i nemici di Aussimo e di Urbino, non perchè avesse dimenticato gli ordini di Belisario, o fosse addivenuto sconsigliatamente audace, avendovi a un tempo in lui coraggio e prudenza; ma sì bene opinava, ed il fatto venne a confermarlo, che i nemici al primo avviso del romano esercito in vicinanza di Ravenna, temendo guai per questa città, sarebbonsi levati dall’assedio di Roma. Nè male s’appose. Conciossiachè Vitige e la gente sua non appena divolgatasi l’entrata di questo duce in Arimino, cadendo in gravissimi timori sul conto di Ravenna, messo in balìa del fato tutto il resto, non differirono la partenza loro, come sono per dire, un solo istante: così la gloria di Giovanni, assai grande anche in prima, acquistò lustro maggiore. Egli, per natura d’animo coraggioso e prontissimo a cimentarsi ne’ pericoli, di per sè stesso metteva in opera i suoi piani, e
- ↑ Osimo.
- ↑ Rimini.