abbandonolle che riportata dal condottiero parola di tornare al possesso delle sue armi. La dimane pertanto il generale convocati in una camera del palazzo Constantino e molti altri duci e riepilogato l’occorsogli nel dì antecedente esorta il reo alla restituzione de’ pugnali. Costui rifiutandovisi manifestò il suo animo di volerli piuttosto le mille volte gittare nel Tevere, che restituire cui si spettavano. Alla quale risposta Belisario tutto collera lo addomanda s’e’ non riconoscasi a lui suggetto; e quegli prometteva in ogni altra cosa cieca obbedienza, giacchè era così piaciuto all’imperatore; ma non piegherebbesi mai più a quel comandamento. Alle quali proteste ordinato da Belisario che s’introducessero le sue guardie, Constantino dirizzógli le seguenti parole: «Ebbene mi vuoi morto dalle mani loro? — Mi guardi Iddio, il duce, ma ch’e’ costringano Massenziolo tuo pavesaio, il quale da te comandato carpì que’ pugnali, a ritornare a Presidio il toltogli mal suo grado.» Nondimeno il colpevole fittosi in capo che attendevalo pronta morte, pensò segnalarsi con qualche grande impresa prima che si desse principio a suoi patimenti; nudata pertanto la piccola spada che pendevagli dal fianco vibrò d’improviso un colpo sul ventre di Belisario, il quale impauritosi rinculò, ed abbracciato Bessa, al suo fianco, sen parte. Vuole seguirlo Constantino ancora tutto ribollente d’ira, quando Valentino e Ildigero, spettatori del fatto, presolo per la destra l’uno e per la manca l’altro, il rattengono seco. Entrate in questa le lance giusta l’ordine avuto dal condottiero, levano di forza dalla mano dell’assali-