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LIBRO SECONDO 165

mali, anzi che procacciare un termine alle comuni molestie. Andando pertanto così le bisogne dovranno i rettori d’ambe le genti anzi che fare strazio, per acquistar gloria, delle vite de’ sudditi, mettere un fine, col seguire quanto giustizia ed una scambievole utilità impongono, alle presenti sciagure. Conciossiachè l’amore della moderazione ben ha il mezzo di combinare ogni ardua e malagevol cosa, la soverchia cupidigia di maggioranza al contrario mercé di quella sua connaturale malignità non sa mai compiere nulla di buono. Laonde qui veniamo col proponimento di finire la guerra, ed a patti di reciproco vantaggio; avvegnachè per essi cediamo in parte i nostri diritti. Nè voi, o Romani, per certa qual orgogliosa bramosìa di contenderla con noi v’ostinate a preferire un rovinoso partito a quanto il proprio interesse imperiosamente v’inculca. Del rimanente sembrami ora opportuno di ommettere un continuato ragionamento nel disporre questi accordi, ma ove si opini fuor di proposito qualche nostro detto chiederne subito la necessaria dichiarazione, e così ne avverrà ad ognuno di manifestare con brevità ed accuratezza l’animo suo, e di condurre in dicevol guisa a buon fine le assunte funzioni. — Sia pure così, risponde Belisario, per rispetto alla forma del colloquio ù; ma badate bene che il parlar vostro s’addica all’amor della pace ed all’equità.» Proseguono gli oratori de’ Gotti: «Operaste iniquamente, o Romani, coll’impugnare le armi contro di noi vostri amici e confederati, ed a provarvelo ci contenteremo di ram-