ommettere all’uopo di scompigliare con un badaluccar continuo gli avversarii. Di pari tempo altri secento usciti della porta Pinciana per suo comando e posti sotto gli ordini di tre famosissimi duci delle proprie lance, Artasine, di sangue persiano, il massageta Baca, e Cutila originario della Tracia, gittaronsi contro gli steccati de’ barbari, e gran numero di questi venuto ad incontrarli si combattè lunga pezza con vicendevole fortuna, di guise che fattisi gli uni assalitori davan gli altri di volta per quindi riprendere l'offensiva e mettere in fuga i vincenti; al vederli per tanto avresti detto voler le due fazioni consumare in iscambievoli scorrerie di tal natura quel giorno. Alla fin fine ed imperiali e Gotti sentendosi gli animi ribollenti d’ira passarono ad una ostinata zuffa con grande e reciproca perdita di animosissimi guerrieri. Mandati da ambe le parti e dalla città e dal campo aiuti, all'infoltirsi con essi gli ordini de' combattenti crebbe il furor delle armi, rinvigorito ognor più dalle grida provvenienti dai merli e dagli steccati. Da ultimo tuttavia i barbari messi in rotta dal romano valore diedero volta. Cutila portando conficcato un dardo nel mezzo della testa, frutto di quel cimento, incalzò il nemico, lo disperse e si restituì verso il tramonto nella città co' superstiti suoi e col tromolante ferro nel capo, attirando sopra di sè gli universali sguardi. In quel giorno parimente altro gottico arciero colpì di freccia Arze, pavesaio del supremo duce, tra il naso e l'occhio destro, penetrandone la punta sino per entro della cervice; l'asta sporgendogli sopra il volto, al cavalcar del prode ve-