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144 GUERRE GOTTICHE

siva; or tale dei fanti imperiali, venutogli meno il coraggio nel sottrarsi al pericolo, precipitò in alta fossa, delle quali molte aveanue scavate gli antichi cittadini per riporvi, a mio avviso, il frumento. E come non osava mandar grida essendo ben vicino il nemico, nè in conto alcuno potea trarsi di là in causa della ripidissima escavazione all'intorno, così gli fu mestieri di passarvi la notte. Il dì seguente essendo i barbari di nuovo costretti a farsi indietro, uno de' loro cadde pur egli nella medesima fossa, ove abbracciatisi entrambi con iscambievole amore, opera della necessità, giuraronsi a vicenda che l'uno avrebbe a petto la salvezza dell’altro; quindi amenduni cominciarono a mandare altissime grida, alle quali i Gotti accorsi addimandavano dal margine di quella caverna chi si fosse il chiedente mercede. Allora, per convenzione tenendosi il Romano in silenzio, l'altro colla patria favella appalesa la sua mala ventura, d'essere, ciò è, nell'ultima fuga precipitato in quel baratro: che però supplicavali di calare una fune per valersene a campare la vita. I compagni adunque abbassaronvi i capi di alcune corde persuasi di porgere aiuto ad un loro commilitone, ma afferratili invece il Romano pigliò ad ascendere, adducendo che s'egli fosse il primo a mettersi in salvo, gli accorsi non vi avrebbero nullamente abbandonato un compagno; quando per lo contrario udissero che rimaneavi un loro nemico, al tutto rifiuterebbonsi di salvarlo, e così detto proseguì a salire. I Gotti vedutolo ne furono sorpresi, ma da lui poscia informati della faccenda tiran su l’altro, ed avutane conferma