Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/153


LIBRO SECONDO 143

presso da sterminata schiera di nemici si levò d’ogni impaccio nel modo seguente: Havvi colà un vecchio stadio, grande e con molte antiche abitazioni all'intorno, il quale in epoca più rimota serviva pe' combattimenti de' romani gladiatori; cosicchè di necessità il luogo dappertutto presentava anguste vie. Il duce ridotto alla dura condizione di non poter vincere la folla de’ Gotti o fuggire senza gravissimo pericolo, fe’ balzare giù d'arcione i suoi Unni, ed alla testa loro, anch'egli appiede, riparò in una di quelle viuzze, da dove tutti saettando a man salva recavano altrui moltissima strage. I barbari siffattamente bersagliati durarono qualche tempo fermi nella speranza che queglino esaurissero tutto il saettamento loro, per quindi a bell'agio circondarli, vincere e condurre prigionieri nei proprj accampamenti. Se non che al mirare i Massageti, valenti arcadori a non dubitarne, nel trarre d’arco su folta gente non avventare freccia indarno, ed averne morta più della meta, disperando compiere i premeditati divisamenti, si misero sul tramonto in fuga, non pochi giuntandovi la vita. Imperciocchè gli altri di continuo incalzandoli, mercè della singolare destrezza nel maneggiar l’arco eziandio quando vanno di velocissima corsa, non ne facevano minore eccidio: superato così il pericolo Constantino ricondusse di notte la soldatesca in Roma.

II. Pochi giorni dopo guidate da Peranio le truppe romane fuor della porta Salaria per combattare il Gotto quivi a campo, questi, da prima volte le spalle, ma subitamente raccozzatosi, ebbe il mezzo di riprendere l'offen-