Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/124

114 GUERRE GOTTICHE

lisario, le fiamme loro innalzatesi grandemente accrebbero vie più, come vuol ragione, lo spavento dei volti in fuga.

IV. Tra questo mezzo gl’imperiali ebbero la medesima fortuna di guerra alla porta Salaria da dove all’improvviso saltarono fuori sopra de’ barbari trucidandoli nell’atto che eglino abbandonato ogni pensiero di resistenza davano precipitosamente le spalle. E qui eziandio abbruciarono le macchine erette contro le mura, di qualità che elevandosi da per tutto le fiamme intorno a Roma e da per tutto discacciati colla forza i Gotti, mandavansi dall’una e dall’altra parte altissime grida, di qua dalle romane genti, le quali dai merli animavano i loro a far coraggiosamente scempio de’ fuggitivi, di là dai barbari dolentissimi nelle proprie trincee per l’enorme strage sofferta, avendovi in quel dì giuntato la vita non meno di trentamila combattenti secondo l’affermazione degli stessi lor duci, ed anche maggiore fu il numero dei feriti; essendo che affollatesi lor turbe intorno alle mura non s’era lanciato indarno colpo dai merli, ed i persecutori degli sbigottiti fuggenti aveanne mietuto in copia assai grande le vite. Di mattina si venne alle mani e coll’annottare soltanto la pugna ebbe fine; dopo la quale gl’imperiali passarono quelle ore notturne cantando in Roma un giulivo Peana, ricolmando il condottiero di lodi, e raccogliendo le spoglie de’ morti. I Gotti in cambio attendevano ai loro feriti, ed offrivano un tributo di lagrime agli estinti.