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LIBRO PRIMO 45


II. Cavado allora diedesi a temere non avvenisse al morir suo la simil cosa in danno del proprio sangue; nè poteva accordar prelazione ad alcuno de’ figli senza

    quello che recavan da casa. Messi dall’imperatore sul ruolo militare, poichè erano di egregio aspetto, furono scelti per servire nella guardia del monarca. Venuto poi all’imperio Anastasio egli spedì contro gl’Isauri, i quali si erano messi in armi, un floridissimo esercito, datone il comando a Giovanni Gibbo. Questi fece mettere prigione Giustino, fattosi reo di capitale delitto; e dovea di lì a due giorni perdere la testa, quando, siccome Giovanni stesso era solito raccontare, questi ne venne ritenuto per essergli sembrato di vedere in sogno per tre notti consecutive uno che per l’altezza e l’aspetto della persona avea alcun che di più prestante dell’uomo, il quale gli ordinò che facesse mettere in libertà quello, che il dì innanzi avea fatto carcerare; che di costui e de’ suoi parenti, diss’esso, io avrò bisogno quando fia che salga in ira. E questa fu la cagione per la quale Giustino campò dalla morte».
    «Coll’andare del tempo Giustino salì a gran potenza, fatto prefetto de’ soldati pretoriani dall’imperatore Anastasio, morto il quale coll’appoggio di quella prefettura ebbe l’imperio, quantunque vecchio, senza un capello e, quello che presso i Romani non erasi dianzi veduto, così ignorante di lettere e come dicesi analfabeto, che mentre l’imperatore suole scrivere le sole iniziali del suo nome sulle carte, quando comanda quello che dee farsi, egli nè comandare nè comprender sapea ciò che fosse da comandare o da fare: perciò lasciava che Proclo, il quale l’ufficio esercitava di questore e gli sedeva accanto, facesse tutto siccome piacevagli. Ma perchè alcun segno della mano dell’imperatore potesse sussistere, il magistrato a cui spettava questo uffizio immaginò il seguente ripiego. Fece incidere sopra una tavoletta di legno ben liscia la