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490 | GUERRE VANDALICHE |
CAPO XXVII.
I. La dimane Gontari mandò il capo dell’ucciso ad Antala, ma più non si diede pensiero alcuno del danaro e de’ soldati promessigli, la quale trasgressione dei patti tra loro non attagliava punto costui, e meno ancora e’ reputava onesta azione l’aver tolto di vita Areobindo con onta di sì venerandi giuramenti, che nè a lui nè a mortale chiunque era lecito di violare. Ponderate adunque seriamente queste ed altrettali cose deliberò alla fine seguire le parti di Giustiniano; fattosi per ciò indietro, e risaputo che Marcenzio, prefetto delle truppe della Bizacene, riparava a motivo di quei torbidi in cert’isola, vi spedì pregandolo che venisse a lui, e dandogli sicurezza di fede che nulla avrebbe sofferto nella persona; quegli di tutto compiacquelo, e giunto nel campo tennevi lunghi colloqui; nè vo’ passar con silenzio che il presidio della città d’Adrumeto serbossi mai sempre fedele all’imperatore. Le truppe di Stoza poi all’avviso delle narrate vicende in numero di mille e non meno, ed avendovi oltre ai Vandali cinquecento Romani ed ottanta Unni, corsero immediatamente sotto le bandiere di Gontari, e furonvi del miglior animo accolte.