tamente alla sognata tirannia. In progresso di tempo celebrandosi nella capitale non so che festa molti dei congiurati sul ora del convito si riunirono intorno al palazzo, ove il duce aveva commensali i suoi favoriti ed il ribelle con essi. Quando pertanto sedevan tutti al desco giugne all’orecchio di Germano avviso che ingombrava il suo atrio una disordinata frotta di soldatesca chiedente dall’imperatore lo stipendio in vano atteso da molti anni. Egli allora fe comando a parecchie fidissime lance di tener gli occhi sopra Massimino senza però dargli affatto indizio di quel trambusto. Persuasi di poi i riottosi minaccevoli con alte grida a raccogliersi nell’ippodromo, furono lungo la via dalle predisposte guardie quali incarcerati e quali uccisi; mercè di che i lenti nell’unirvisi udendo il costoro sperperamento non vollero più sapere di ribellione. Germano egli pure tralasciò di commettere indagini rigorose in proposito, ricercando unicamente se Massimino dopo la solenne protesta avesse tuttavia fomentato la rivolta, e udito che anzi da quell’epoca in poi eravisi con maggior fervore adoperato, fecelo per la gola appendere ad un palo vicino alle mura della città; e colla morte del traditore fu per intiero sventata la ribellione.