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462 GUERRE VANDALICHE

CAPO XVIII.

Congiura di Massimino.
Germano la dissipa, e ne condanna a morte il capo.


I. Aveavi a que’ giorni tra’ cavalieri astati di Teodoro cappadoce un Massimino, d’indole assai malvagia, il quale imbecherata molta soldatesca erasi fitto in mente di aspirare alla tirannia; ora mentre che s’andava procacciando fautori comunicò l’arcano a gente non poca ed in ispecie ad Asclepiade originario della Palestina, di nobile prosapia, ed intrinsico quanto mai di Teodoro; questi pertanto e Germano ebberne tosto contezza.

II. Il duce però giudicando non espediente lo inacerbare con nuovi stimoli le ultime e non ancor bene rimarginate piaghe, anteponeva ai gastighi il procacciarsi la benevolenza del fellone adescandolo con onori e carezze; pensò quindi a fine di guarentirsene obbligarlo con giuramento all’imperatore, e siccome portava la costumanza che uom non fosse accolto ne’ cavalieri astati se prima non sagramentava sua fede al monarca ed al capitano, e’ valendosi di questo provvedimento fecelo a sè chiamare, ed encomiatane d’assai la fedeltà crebbegli il grado nominandolo sua lancia. Massimino lietissimo di tanta onorificenza, stimandola mezzo ben proprio ad agevolare la felice riuscita delle sue trame, compiè senza tema il giuro, avvegnachè presto addivenisse reo di violata fede col dare opera vie più ostina-