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414 | GUERRE VANDALICHE |
lei e l’altro di Zazone, i quali agognavano il momento di giugnere a divorarlo. Se non che l’ultimo a sopraffare il compagno carpì la pasta non cotta ancora, e tutta sparsa di cenere se la pose in bocca; ma il rivale avvedutosi della costui arditezza fugli sopra ed, afferratolo per la chioma, a furia di busse il costrinse a dar fuori il già mezzo inghiottito cibo. Gilimero, presente all’alterco, ebbelo segno che la fortuna a lui contraria come ne’ tempi andati facessegli tuttavia ostinata guerra. Laonde perdutosi d’animo scrisse prestamente nella massima disperazione a Faras in questi termini:
II. «Se mai ebbevi altri, mio ottimo Faras, il quale, dopo tollerati con molta constanza i più forti sinistri della vita mutasse alla per fine le sue prime deliberazioni, io sono quel desso, risoluto in oggi di accogliere intieramente il tuo consiglio e di non oppormi a vie più alla fortuna o combatterla, ma di seguirla senza indugiare ove mi chiama. Per abbandonarmi adunque nelle vostre mani attendo solo che Belisario, dando sua fede, accordi salvezza a’ Vandali, e promettami l’adempimento delle buone intenzioni di Giustiniano a mio riguardo, come tu appunto mi scrivevi». Così la lettera.
III. Faras manda subito il foglio e tutto il carteggio dapprima avuto col re a Belisario, chiedendogli un pronto riscontro; e questi bramoso al sommo di condurre Gilimero vivo in Bizanzio, lettene giubilando le condizioni, ordina immantinente a Cipriano duce dei confederati di partire con altre persone alla volta del