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LIBRO SECONDO 413

non avendone più gustato o veduto dall’epoca della sua andata sul Pupua: ch’eragli la spugna necessaria per astergersi un occhio addivenuto mal sano dal lungo e dirotto lagrimare; che in fine chiedeva la cetera per mitigare, valente assai nella musica, l’acerbità del viver suo con qualche pietosa canzone. Il duce piangendo le umane traversie assecondollo pienamente, accrebbe però i rigori dell’assedio volendone accelerare il termine.


C A P O VII.
Compassionevole istoria di due famelici garzoncelli. — Lettera di Gilimero a Faras. — Il Vandalo si arrende, e condotto in Cartagine presentasi ridendo a Belisario. — Giudizio di Procopio sopra questa guerra.

I. Tre mesi erano di già scorsi dal cominciare dell’assedio, e al verno succedeva la primavera quando re Gilimero diedesi a paventare non i Romani tentassero con miglior riuscita di prima l’espugnazione del monte: non invilì però (quantunque ai mali dell’animo accoppiassersi ora pur quelli del corpo , molestato di continuo nel ventre da forti dolori) che all’appresentarglisi di orribilissima scena. Tal donna maurusia avea messo alla foggia di sua gente un piccol pane a cuocere sotto la cenere 1 standole intrattanto seduti ai fianchi due famelici garzoncelli, l’uno figliuolo di

  1. (1) Qui lo storico passa in qualche modo a contraddire l’espósto al § 2 del precedente capo.