portano il vanto di miserabilissimi sopra tutti i mortali. Quelli giunti a signoreggiare l’Africa imbandivano di continuo lor mensa lautamente e di quanto mai va ricca la regione; vestivano eziandio, alla foggia de’ Medi, sontuosissima stola di seta, e consumavan lor vita nei teatri, negli ippodromi e in mezzo ad altri mille sollazzi, dando tra essi alla caccia la preferenza; ricreavan lor vista con saltatori e giullari, l’udito con suoni e canti e con ogni maniera di ristoro che ad animi educati mollemente riuscir può giocondo. Moltissimi di loro ben anche passavano il tempo in ameni giardini ornati di fonti e di alberi, e vi sedevano a deliziosi banchetti; nè era la minor loro occupazione l’abbandonarsi ai piaceri di Venere. I Maurusii in cambio allevati con ogni durezza menan la vita in tugurj sì angusti che appena vi trovi aria da respirare, e quivi dimorano il verno e la state in balìa della neve e del sole e di qualsivoglia altro sconcio, penoso retaggio del viver nostro; dormono sul nudo suolo, se pure gli agiatissimi tra loro non vi distendono in prima qualche pelle. Hanno poi legge di non conformarsi negli abiti alle stagioni, ma vanno sempre coperti di lacera e sucida veste e di ruvida tonica, mancano di pane, di vino e degli altri bisogni della vita, solo pascendosi di frumento, o di segale, o d’orzo, e non già ridotti in farina e cotti, ma così affatto come ricolgonsi nel campo, e simile propriamente dei bruti. Gilimero adunque e tutta la sua corte da lunga pezza costretti ad abitare seco loro ed a seguirne le consuetudini, mutando con tanta inopia le avite morbidissime usanze, al mirarsi affatto privi del