Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/425


LIBRO SECONDO 399

digia, nè reprimere la sete di quel grande e presente bene, ma abbandonaronsi per modo alla licenza, al disordine ed all’avarizia, che mirava ciascuno ad impadronirsi di tutto, e tutto volea seco portare nella città; nè li vedevi procedere in grosse frotte, nè vagare pe’ soli aperti luoghi, ma spartatamente correre ad uno ad uno, appaiati al più, ovunque traesseli speranza di bottino, ed esporsi a manifesto rischio di agguati inarpicando su pe’ diroccati burroni, ed internandosi nelle foreste e spelonche. Nulla più sott’essi valeva il timore del nemico, o il rispetto dovuto al condottiero, tutto era vano, ed un menomo indizio di spoglie o preda, ovunque ciò fosse, induceali spensieratissimi e furibondi a pigliar di botto quella via. Belisario osservando il gravissimo disordine oltremodo angustiavasi, e macchinava entro sè come potesse ripararvi prontamente: laonde ai primi albori del nuovo giorno asceso un colle vicin del sentiero e chiamatevi le truppe fe loro, non eccetuatine i capi, un grande ribuffo, dopo di che questi ultimi, ed in ispecie i suoi famigliari, mandati all’istante i prigioni col bottino a Cartagine, stettergli sempre dintorno per obbedirne i comandamenti.

II. Belisario poscia comandò a Giovanni di perseguire dì e notte con dugento cavalieri Gilimero, sinchè avesselo nelle mani vivente o morto. Commise inoltre ai governatori di Cartagine che tutti i Vandali rifuggitisi ne’ tempj supplichevoli venissero chiamati fuori sopra la fede, privati delle armi per togliere loro ogni mezzo di nuocere, e rassicurati di vivere senza tema veruna tra’ cittadini, attendendo la sua venuta. Diede simil-