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LIBRO SECONDO | 393 |
scopo ciascun di voi spogli il suo animo d’ogni effeminatezza, ed anteponga nel difendere la persona il morir generosamente ad una turpe disfatta, non avendovi pericolo idoneo a sgomentare colui che abborre l’infamia. Innanzi tutto però sgomberate le menti di qualunque rimembranza dell’ultimo combattimento, dove andammo col peggio non per vostra infingardaggine ma per malignità della fortuna, mai ferma nelle umane vicende, anzi inconstantissima ognora. Dirò pure a nostra gloria che nel valore superiamo di molto il nemico, e che di numero siamo ben dieci tanti; ma quello che in ispecie deve renderci maggiori di noi stessi è lo splendore degli antenati nostri e la sovranità da quelli di generazione in generazione pervenutaci, delle quali cose turpe sarebbe il rimaner privi col tralignare dalla virtù loro. Tacerò inoltre le lamentazioni delle nostre mogli e le lagrime della prole, al cui aspetto quasi disanimato sentomi venir meno la parola. Solo e per ultimo vi ricorderò che vana è ogni nostra lusinga di riabbracciare questi oggetti a noi carissimi se non torniamo co’ trofei della vittoria. Pugnate adunque, o Vandali, sollecitandovi tante e sì gravi cagioni, da forti, e guardatevi dall’apporre inonorata macchia alla prosapia ed al nome di Gizerico».
Gilimero poscia comandò a Zazone di parlamentare separatamente i Vandali tornati dalla Sardegna; e questi appartatosi alquanto aringolli nel modo qui appresso:
«Egli è certo a non dubitarne, o commilitoni, che i Vandali tutti debbonsi mostrare prodissimi nella