Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
392 | GUERRE VANDALICHE |
II. Qui avanzatasi di molto la notte apparvero le punte delle romane lance attorniate da fuoco, in guisa che il ferro sembravane candente. Pochi per verità mirarono il prodigio, e questi furonne assai intimoriti non sapendo interpetrarlo; mostratosi però dopo lungo tempo in Italia, fu subito ritenuto presagio della vittoria.
III. Nel dì vegnente Gilimero comandò che si trasportassero i fanciulli, le donne ed ogni altra suppellettile in mezzo del campo, e quindi chiamate a parlamento le truppe cominciò: «Non solo gloria ed imperio, o Vandali, oggi concorrono ad armare il nostro braccio, di maniera che vinti siane dato almeno di rimanere sotto i patrii tetti, godendovi le proprie cose ed accomodandoci nel resto alla fortuna; ma tali angustie ne premono che disperata la vittoria o lasceremo, estinti, il nemico padrone de’ figli, delle mogli, d’ogni nostro bene, e fin di tutta questa regione, o incontreremo vivendo cordoglio anche maggiore, costretti a vedere colle nostre luci medesime il compimento di sì inudite sciagure. Se giugneremo in cambio a conquidere i ferocissimi Romani potremo lusingarci di condurre pacifica, onorata e ben comoda vita, e di testare alle nostre famiglie una perpetua felicità; renderemo di più il vandalico nome illustre ed il perduto trono alla nazione, cui oggi sovrasta danno gravissimo sopra quanti de’ tempi andati volessi qui ricordare, e per istornarlo appunto da lei ora noi, soli depositarj delle sue speranze, tentiamo la sorte delle armi. Laonde a conseguire il bramato