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LIBRO SECONDO | 391 |
dalo pieno di straordinario coraggio per liberare dalle nostre mani la prole, le donne, e gli altri suoi averi! affievolendo in iscambio la gravezza e l’acerbità del dolore assaissimo il corpo, e rendendo le menti incapaci di qualunque ardito pensiero. Queste mie parole sienvi ognora nell’animo, e disponetevi a meritare con valorose azioni quella gloria che attendesi da voi con diritto e la patria ed il nome vostro».
C A P O II
Truppe di Belisario in marcia. — Presagio ai Romani della vittoria. — Arringhe di Gilimero e di Zazone.
I. Belisario dopo l’aringa fece in quel dì medesimo partire tutta la cavalleria, men cinquecento, e diede all’armeno Giovanni i pavesai ed il segno, chiamato dai Romani bando, ingiugnendogli di badaluccare quando ne avesse la opportunità; e col nuovo giorno tenne lor dietro menando seco il nerbo de’ fanti ed i cinquecento cavalieri. I Massageti intanto avevano diliberato in consiglio, per serbare apparentemente lor fede ai Romani ed a Vandali, di non voltar mantello che ai riportarsi dai primi qualche vantaggio, fermi nel proposito di seguire la parte per cui propenderebbe la vittoria. L’oste romana trovati, marciando, i Vandali in Tricamaro1, lunge cinquanta stadj da Cartagine, piantovvi il campo dappresso.