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LIBRO PRIMO 379

entro una camera nel piano superiore, ed in piena sicurezza, credendo il nemico ben lunge; ma questo arrivato col nuovo dì e prima dell’aurora nel villaggio, non opinò impresa certa il gittare a terra l’uscio dell’abitazion loro per sorprenderveli, paventando non venuti alle mani in tanta oscurità e’ si trucidassero a vicenda, piuttosto che menar colpi contro l’assalito, il quale avrebbe così agio e tempo di campare la vita; rimestavano però tai cose per ascondere la dotta loro di azzuffarsi co’ nostri, potendo per lo contrario assai bene, muniti di fiaccole, impossessarsi d’uomini lontani da ogni sospetto e, che peggio, sì è, inermi, anzi nudi, stesi in terra, ed in profondissimo sonno avvolti; stabilito adunque di circondare unicamente l’abitazione attendono col numero maggiore a guardarne le porte. Se non che uno de’ Romani svegliatosi come per fatto rumore, sente i Vandali a bucinare tra loro ed un movere d’armi; nè sapendo congetturare che mai ciò fosse desta alcuni compagni e piglia a ragionarne insieme. In questa il duce stesso accortosi dell’agguato ordina a’ suoi di vestire chetamente le vesti, d’armarsi, di scendere nella corte e d’imbrigliare i cavalli; saltati quindi pian piano in sella per non dare il menomo indizio al nemico, soffermaronsi in bella ordinanza nell’androne, e spalancatone di poi l’uscio all’improvviso tutti di gran impeto ne balzano fuori. I Vandali correndo lor sopra con quante forze hanno li combattono, ma sempre indarno; imperciocchè i Romani cogli scudi riparavansi dalle frecce, e ributtavano a gara colle aste gli assalitori. Di tal guisa Diogene perduti