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LIBRO PRIMO 361

frutta in guisa fecondi, che sebbene l’esercito quivi a campo ne prendesse una satolla, pure non vi rimase traccia della sua ghiottornia.

VI. Gilimero avuto in Ermione il nostro appressarsi scrive in Cartagine a suo fratello Ammata che dia morte a Ilderico ed a tutti i prigioni di regal sangue o comunque parenti del monarca; gli ordina contemporaneamente di tenere apparecchiati i Vandali e quanti eranvi di presidio, acciocchè i Romani colti in luogo stretto presso Decimo, borgata della città, ed accerchiati da ambi gli eserciti debbano, senza modo allo scampo, com’entro una rete perire. Ammata, giusta il comando uccide Ilderico, Evagene e quanti eranvi Africani, favoreggiatori delle costoro parti; quindi appresta i Vandali affinchè al primo cenno sien pronti a combattere. Gilimero poi venivaci furtivamente dalle spalle desideroso che non ne avessimo alcun sentore: ma la notte medesima in cui l’esercito stanziò a Gressa gli esploratori suoi azzuffaronsi co’ nostri, i quali subito retrocedendo ne chiarirono dell’avvenuto. Di qui inoltrati perdemmo di vista il navilio a cagione degli altissimi scogli allargantisi in grande giro nel mare, e d’un promontorio1 con la borgata Ermea dappresso. Laonde Beli-

  1. Ermeo o di mercurio, la cui parte interna, dai geografi moderni detta Ras-Addar, nomavasi dagli antichi promontorio Bello. (V. Danville ed Heyne, Opusc. acad., vol. iii, ec. ). Di questo leggiamo in Polibio: «Ora il promontorio Bello è quello che giace avanti Cartagine e guarda verso settentrione, oltre il quale verso mezzogiorno vietano i Cartaginesi a’ Romani di andar con navi lunghe, non volendo essi, a ciò che mi sem-